“Abbiamo bisogno di liquidità per poter campare. Dal Governo nessuna linea d’indirizzo, abbiamo avanzato proposte ma ad oggi non sappiamo né come né se riapriremo, l’asporto da solo non basta”, spiega Rocco Pozzullo presidente della Federazione Italiana Cuochi
Sono entrati nelle nostre case con ricette, concorsi, sfide all’ultimo piatto. Chef famosi come Alessandro Borghese, Carlo Cracco o Massimo Bottura e, prima ancora, Gianfranco Vissani che cucinò un famoso risotto insieme a Massimo D’Alema. Loro sono quelli più conosciuti, ma in Italia c’è un vero e proprio esercito di cuochi, oltre 300mila, e di addetti alla cucina e ristorazione che sta soffrendo più di altri per gli effetti del lockdown. “Aprire il primo giugno dopo quasi due mesi di stop vuol dire dare il colpo di grazia al settore della ristorazione, che solo lo scorso anno ha fatturato 86 miliardi di euro”, spiega a Financialounge.com Rocco Pozzullo, presidente della Federazione Italiana Cuochi, 18mila associati di cui 3mila anche chef patron, ovvero proprietari dei locali dove lavorano.
ANTICIPARE FASE 2, MANCANO LE DIRETTIVE DEL GOVERNO
“Diciamoci la verità, questo se tutto va bene sarà un anno di sopravvivenza per il settore, sappiamo già che un ristoratore su tre non riaprirà più. È vero che all’inizio nessuno poteva immaginare la gravità di questa pandemia ma adesso se il governo non ci aiuta si rischia di dire addio a un settore che è il fiore all’occhiello del made in Italy”, spiega con tono calmo ma deciso Pozzullo. “Il problema è che noi vogliamo ripartire ma non c’è ancora nessuna linea di indirizzo sulle regole da seguire, sul distanziamento, sulle norme per la sanificazione: dovrò mettere i termoscanner all’ingresso del locale? E un cliente con 37 di temperatura lo devo far entrare? E se usa i servizi igienici? Qui nessuno sa niente e nessuno ci spiega nulla, noi abbiamo avanzato delle proposte ma ancora non c’è nessun protocollo. Come si fa?”
TUTTI A CASA, INCOGNITA STAGIONALI
“Riceviamo ogni giorno il grido d’aiuto dei nostri associati, tra loro ci sono famiglie intere impegnate nei ristoranti o nei catering rimaste senza lavoro e senza soldi, 400mila lavoratori stagionali sono restati a casa senza alcuna prospettiva di guadagno - prosegue Pozzullo - gli affitti continuano ad essere pretesi dai proprietari dei locali, le tasse finora sospese a breve verranno comunque pagate mentre nessuna certezza ci è stata fornita per il futuro: è stata concessa la cassa integrazione, ma i fondi non sono ancora arrivati, così come i tanto promessi aiuti economici alle imprese. Chiediamo che venga imposta la sospensione o almeno la riduzione degli affitti per i mesi di inattività, così come il rinvio e la riduzione dei versamenti delle imposte, di trovare insieme e presto le soluzioni più efficaci per non far collassare ristorazione e ospitalità”.
ASPORTO NON BASTA, PIÙ COSTI CHE VANTAGGI
Intanto molti ristoratori in questa fase hanno optato per la soluzione di cibo da asporto, cosa che dal 4 maggio si potrà fare in tutte le regioni. “È chiaro che dipende dove è allocato il ristorante, ad alcuni può servire per esempio se vicino agli uffici - continua Pozzullo – per altri invece il rischio è che ci siano più costi che incassi. Certo non è che sia la soluzione dei problemi, serve un po’ per dare fiducia al ristoratore, per farlo sentire vivo. Ma è chiaro che così non si può andare avanti, se non ci sono le condizioni il ristoratore sceglierà di non aprire e la Fipe dice che circa il 40% non riuscirà a sopportare questo carico, tra tasse nazionali e comunali. Qui non abbiamo nessuna prospettiva e abbiamo bisogno di liquidità vera per poter campare”.
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