L’attività economica viene messa in congelatore e la continuità è affidata alla politica fiscale, soprattutto in Europa, dove finalmente ogni resistenza a spendere senza limiti sembra superata. Italia "pesce pilota" sotto i riflettori del mondo
La settimana finanziaria del 23 marzo 2020 a Wall Street è una metafora potente dell’impatto del virus in tutto il mondo: lo storico floor affollato di trader resta chiuso e vuoto, ma la vita del mercato continua sui circuiti digitali, così come continua la vita dell’economia sui mille canali messi a disposizione dalla rivoluzione tecnologica, anche se fabbriche e uffici restano vuoti. Gran parte dell’attività economica ‘fisica’ finisce nel congelatore, non l’approvvigionamento di beni essenziali dagli alimentari alle medicine, ma l’economia continua a girare sui display dei terminali fissi e mobili di centinaia di milioni di persone. In Europa e in gran parte del mondo il problema non si pone perché gli scambi viaggiano da anni sui canali elettronici. La domanda che si pongono gli investitori è la stessa, ma rovesciata, che angoscia milioni di persone. Siamo in vista del bottom, vale a dire i minimi delle quotazioni? Siamo in vista del picco, vale a dire la massima espansione del contagio, dal quale si comincia a tornare indietro?
I MERCATI CERCHERANNO DI ANTICIPARE GLI SVILUPPI DEL CONTAGIO, MA HANNO POCHI STRUMENTI DI VALUTAZIONE
Sono due interrogativi strettissimamente intrecciati, ma è possibile che la risposta che arriverà dai mercati anticipi quella che tutti aspettiamo dai dati giornalieri sulla diffusione del virus. Anticipare è il mestiere dei mercati. Un mestiere di questi tempi particolarmente difficile perché sono del tutto o quasi inutili gli strumenti di solito utilizzati da investitori e analisti, come i dati macro. Questi infatti fotografano una realtà vecchia di settimane se non di mesi, mentre quello che conta oggi sono gli sviluppi delle prossime ore o giorni. Un esempio per tutti il dato del Pil americano nel primo trimestre in uscita a fine aprile. Le stime della Fed, aggiornate al 18 marzo, puntano a un +3,1%, perché riflettono il passo di corsa con cui l’economia ha viaggiato nei primi due mesi dell’anno. Ma è il passato, tutti sanno che con ogni probabilità il segno attuale è il meno, e se non comparirà tra un mese lo farà con i dati del secondo trimestre.
ANALISI TECNICA E PRECEDENTI STORICI POSSONO AIUTARE, QUESTA VOLTA CRUCIALE LA POLITICA FISCALE
Per questo investitori e analisti si affidano ad altri parametri, come l’analisi tecnica, i precedenti storici, l’esperienza. Una combinazione di analisi tecnica e precedenti storici è il grafico qui sotto, che misura il rapporto tra prezzo e utili attesi su un periodo di 10 anni nei principali mercati azionari: America, Emergenti e Paesi Sviluppati Usa esclusi, vale a dire Eurozona e Giappone. Si può vedere che dopo la crisi del debito europeo le tre aree hanno preso strade diverse, con l’America che ha cominciato a valutare le azioni su multipli elevati mentre le altre due aree si sono tenute su livelli prudenti, poi la correzione al ribasso in sincronia. Un’altra variabile osservata da vicino è la politica monetaria. Oggi sta rispondendo alla crisi del virus con la stessa intensità della crisi del 2008, e in Europa con intensità ancora maggiore rispetto alla crisi del debito del 2011-12. Il problema è che il virus non è una crisi finanziaria violenta, ma un’emergenza sanitaria globale poi diventata emergenza economica. Quindi più che alla politica monetaria, risorsa comunque indispensabile per interventi immediatamente efficaci, bisogna guardare alle politiche fiscali e di bilancio.
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